Rassegna Stampa

10 giugno 2023

Statali, costi alle stelle per l’anticipo della pensione. Tassi al 4,3%, il massimo da dieci anni

Fonte: ilmessaggero.it

L’Inps impiega fino a 5 anni per versare (a rate) il trattamento di fine servizio

Sta diventando caro, anzi carissimo, l’anticipo bancario della liquidazione per i dipendenti pubblici. Secondo la convenzione firmata dal governo con l’Associazione bancaria, il tasso applicato a questo tipo di operazione è pari al Rendistato (il rendimento medio dei titoli di Stato calcolato da Bankitalia) aumentato di uno spread dello 0,4 per cento. Fin quando l’inflazione era bassa e i tassi a zero o sotto zero, l’operazione poteva avere dei vantaggi. Ma nell’ultimo bollettino sul Rendistato pubblicato nei giorni scorsi dalla Banca d’Italia, il tasso di riferimento per questo tipo di operazioni è arrivato poco sotto il 3,9 per cento. Questo significa che aggiungendo lo spread dello 0,4 per cento, il tasso che un dipendente pubblico deve pagare per ottenere da una banca l’anticipo del suo Trattamento di fine servizio, ormai sfiora il 4,3 per cento. Su un importo di 45 mila euro, che è il massimo anticipato dalle banche, il costo dell’operazione insomma, sfiora i 2 mila euro.

Per molti dipendenti statali si tratta di un paradosso. Lo Stato da anni versa la liquidazione a coloro che vanno in pensione con un ritardo tra i due e i cinque anni. E in più paga a rate. Si tratta di una serie di misure che erano state introdotte durante la crisi dello spread del decennio scorso per “salvare” i conti pubblici.¬Il pagamento ritardato della liquidazione è finito per due volte davanti alla Corte Costituzionale. Nella prima sentenza del 2019, i giudici avevano stabilito che il differimento era legittimo nel caso dei “prepensionati”. Per un dipendente pubblico uscito dal lavoro con Quota 100, avevano detto i giudici, pagare in ritardo poteva essere considerato in linea con la Costituzione. Però in quella stessa sentenza la Consulta aveva avvertito che se in futuro fosse arrivato il ricorso di uno statale andato in pensione di vecchiaia a 67 anni, la decisione sarebbe stata probabilmente diversa. Per questo aveva “invitato” il Parlamento a legiferare. Ma da allora nulla si è mosso. Così il caso è finito di nuovo davanti ai giudici supremi e, questa volta, a fare ricorso è stato un dipendente pubblico andato in pensione di vecchiaia.

10 giugno 2023

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