Rassegna Stampa
18 febbraio 2025
Pa, la liquidazione a rate taglia l’assegno di quasi 12mila euro
Fonte: ilsole24ore.com
Un dipendente pubblico andato in pensione nel 2022 perde 11.735 euro di potere d’acquisto sul proprio trattamento di fine servizio, che in media vale 82.400 euro: il taglio reale, quindi, è del 14,3%, perché le regole sulla buonuscita a rate che allungano i tempi dell’incasso hanno ovviamente visto il proprio impatto moltiplicarsi insieme all’inflazione del 2022-23. Ma anche in tempi di prezzi più tranquilli, il meccanismo diluito che impone di aspettare l’ultima rata del Tfs/Tfr fino a 51 mesi in caso di pensione anticipata con la legge Fornero e fino a 81 per chi è salito sui vari treni delle quote da 100 a 103, ha abbattuto il valore effettivo di questa retribuzione differita. Per lo Stato il risparmio si misura solo in termini di cassa, perché il valore nominale della buonuscita rimane invariato. Ma nei conti privati dei pensionati pubblici l’impatto va calcolato in termini reali, e si moltiplica: solo per i dipendenti usciti dalla Pa nel 2022-23, poco più di 200mila persone al netto delle cessazioni di chi cambia lavoro, la perdita raggiunge i 2 miliardi e 157 milioni di euro.
Si sono presentati armati di queste cifre i sindacati del pubblico impiego che in un convegno a Roma sono tornati all’attacco della liquidazione a rate nella Pa, introdotta nel 2011 dal Governo Berlusconi e poi diluita ulteriormente dagli Esecutivi di Mario Monti ed Enrico Letta nel tentativo di tamponare una crisi di finanza pubblica che le prime misure assunte nei mesi di spread alle stelle non erano riuscite a combattere.
Le cifre elaborate dal gruppo di sigle che comprende Cgil, Uil, Cgs, Cse, Cosmed, Cida e Codirp (non c’è quindi la Cisl) provano a tradurre in termini pratici gli effetti della discriminazione che nel nome della finanza pubblica ha colpito i lavoratori delle Pa, costretti ad attese che le norme del settore privato non contemplano. È «un’appropriazione indebita da parte dello Stato», tuonano i sindacati, chiedendo al Governo di mettere mano subito a questa «ingiustizia non più accettabile».