Rassegna Stampa

25 giugno 2020

Da Mondragone a Bologna, focolai riaccendono allerta

Fonte: Agi

Dai palazzoni di Mondragone, sul litorale casertano, ai magazzini di una ditta di logistica a Bologna, ma anche, nei giorni scorsi, il San Raffaele Pisana a Roma, il caso di Palmi in Calabria, prima ancora il funerale Rom in Molise che “costò” alla Regione un Rt ampiamente sopra l’1. Finita la grande ondata, almeno in Italia, il virus lancia squilli di presenza attraverso focolai più o meno circoscritti, tutti nati in ambienti chiusi o comunque promiscui, se non in famiglia, tutti comunque capaci di far impennare i casi nelle regioni che li ospitano, chiamate a intervenire con estrema rapidità per evitare che la scintilla diventi un incendio.

Il caso di Mondragone è emblematico: in una regione ormai a contagio quasi zero come la Campania improvvisamente i contagi sono tornati a due cifre, con 49 casi positivi in quattro dei cinque palazzoni ex Cirio, da lunedì blindati dalle forze dell’ordine, abitati da una folta comunità di cittadini bulgari, molti dei quali inquilini abusivi.

Dettaglio che complica l’indispensabile operazione di isolamento e tracciamento dei contatti, come sanno bene anche a Roma, dove uno stabile occupato a Garbatella, a partire da una famiglia peruviana risultata positiva, ha innescato due settimane fa un micro-focolaio di 17 casi che ha allarmato non solo il quartiere ma l’intera città, finora al riparo da grandi ondate. In questo caso, già risolto dopo il “secondo giro” di tamponi a tutti i residenti, la rapidità nel tracciamento dei contatti unita all’isolamento immediato della struttura ha dimostrato di poter spegnere la miccia, anche se accesa nel cuore della metropoli ormai ripartita per le normali attività. E’ ancora in essere, invece, l’emergenza nell’azienda di trasporti Bartolini, a Bologna: malati una quarantina di operai, chiuso il magazzino, e vicenda in evoluzione con numeri che potrebbero crescere. In tutti questi casi, va detto, la stragrande maggioranza dei positivi sono asintomatici, a conferma che uno screening rapido e approfondito può far emergere numerosi casi che non sarebbero mai stati individuati.

Ma è una notizia buona a metà: se il focolaio, come successo a Roma qualche settimana fa, parte da un istituto di ricovero come il San Raffaele Pisana, agli asintomatici si aggiungono facilmente casi sintomatici e talvolta anche gravi o fatali. Dal focolaio, le cui cause sono ancora da accertare, sono emersi finora ben 123 positivi, con diversi ricoveri e 5 decessi. Ma sono diverse le regioni che in questa fase di riapertura, con il contagio ridotto ormai mediamente a 200 o 300 casi al giorno in tutta la penisola e gli ospedali che si stanno via via svuotando, hanno dovuto fare i conti con il colpo di coda del coronavirus.

A Palmi (Reggio Calabria), zona rossa istituita nei quartieri Pietrenere-Tonnara-Scinà (8 positivi); a Montecchio (Reggio Emilia), focolaio in due famiglie con legami parentali (7 positivi); a Bolzano focolaio familiare (11 positivi); a Como, casa di accoglienza per persone bisognose (7 positivi); a Roma, oltre ai casi più eclatanti di San Raffaele e Garbatella, un istituto religioso ha prodotto un mini-cluster da 4 positivi. Senza contare i 28 migranti contagiati a bordo della nave Sea Watch, a conferma anche in questo caso che ambienti chiusi e promiscui sono il brodo di coltura ideale del Covid-19.

Un fenomeno atteso, come hanno sempre ripetuto gli esperti: finito il lockdown, con il virus che sembra (almeno numericamente) in ritirata, ci sarà sempre più da guardarsi dai piccoli o grandi campanelli d’allarme che nasceranno da Nord a Sud.

“Tutte queste segnalazioni – commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che ogni settimana elabora un report di monitoraggio sull’andamento dell’epidemia – confermano, oltre ogni ragionevole dubbio, che il virus è sempre presente e rialza la testa ogni qualvolta le condizioni ambientali favoriscono una ripresa del contagio. In particolare, accanto alle ben note residenze per anziani, sembrano a rischio sia contesti familiari sia aree sociali disagiate, oltre gli inevitabili ‘casi di rientro’ dall’estero. Di conseguenza, è indispensabile mantenere i comportamenti individuali raccomandati e continuare con una stretta sorveglianza epidemiologica, potenziando contestualmente l’attività di testing e tracciamento, di fatto in netta riduzione”. L’importante, insomma, è non abbassare la guardia: “Evidenze scientifiche e dati dal real world – conclude Cartabellotta – invitano a diffidare dal senso di falsa sicurezza che traspare da improvvide dichiarazioni prive di basi scientifiche e che rischia di alimentare pericolosi comportamenti individuali. Il peggio è indubbiamente passato, ma resta cruciale disinnescare ogni cortocircuito cognitivo-comportamentale che ci porta, complice anche la bella stagione, a mettere da parte ogni preoccupazione (legittimo), ma soprattutto ogni precauzione (inaccettabile)”.

25 giugno 2020

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