Rassegna Stampa

30 aprile 2020

Coronavirus: studio, no ipotesi reinfezioni ma falsi positivi

Fonte: Agi

No reinfezioni, ma falsi positivi. E’ così che un gruppo di ricercatori dell’Università nazionale di Seoul, in Corea del Sud, ha spiegato in una conferenza presso il National Medical Center, il caso di quei pazienti in cui sembra esserci un ritorno della malattia. In particolare, gli studiosi hanno scoperto che i frammenti e i resti dei virus debellati dall’organismo potrebbero essere la causa della positività dei test effettuati a distanza di giorni (e a volte settimane) dalla completa guarigione da Covid-19.

“Oltre 260 persone sono risultate positive ai test per il coronavirus dopo recuperi completi avvenuti a giorni o settimane di distanza. Abbiamo poche ragioni per credere che si tratti di reali casi di reinfezioni o riattivazioni di Covid-19, è più probabile che i test abbiano rilevato tracce del DNA del virus nell’organismo ospite perché è stato debellato” dichiara Oh Myoung-don, direttore del Comitato clinico centrale per il controllo delle malattie emergenti.

“Durante i test di reazione a catena della polimerasi, o PCR, quelli utilizzati per diagnosticare Covid-19, i materiali genetici del virus vengono rilevati a prescindere dal livello di attività delle cellule, per questo anche quelli morti o morenti, che possono restare nell’organismo per diversi mesi, vengono quindi rilevati dal test. Questo può provocare – aggiunge l’esperto – dei falsi positivi: in Corea sono stati conteggiati 263 casi di test risultati infetti a seguito di completa guarigione, ma dobbiamo considerare che le cellule respiratorie hanno un’emivita di circa tre mesi. I risultati del comitato hanno confermato una precedente valutazione da parte dei Korea Centers for Disease Control and Prevention (KCDC), secondo cui i pazienti guariti risultati positivi sembrano non essere contagiosi, e dalle analisi sembra che non sia stato possibile rilevare virus vivi in tali situazioni. Il comitato ha escluso la riattivazione di Covid-19 come motivo di ricadute e ha affermato che non vi era quasi nessuna possibilità che si potessero verificare reinfezioni a causa degli anticorpi sviluppati dai pazienti.

“Il coronavirus non infetta il nucleo delle cellule. Non esistono prove che possa comportarsi in questo modo, il che significa che non causa infezioni croniche o recidive” conclude Oh. (AGI)

30 aprile 2020

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