Rassegna Stampa
10 febbraio 2020
Ricerca
Il coronavirus desta la politica sull’eccellenza della scienza italiana. Ma per competere servono 10 miliardi
Fonte: sanita24.ilsole24ore.com
L’epidemia da Coronavirus, il coinvolgimento dell’IRCCS Spallanzani di Roma e il rapido isolamento del virus da parte di un team di ricerca al quale partecipano anche ricercatrici precarie e sottopagate, hanno portato sotto la luce dei riflettori il problema della ricerca in Italia: pochi finanziamenti, molti meno ricercatori rispetto alla media dei paesi europei, lentezza nelle procedure di acquisto di materiali e strumenti di laboratorio per farraginose procedure burocratiche, ostracismo nei confronti della necessaria sperimentazione animale. Chi più ne ha più ne metta.
Levato il prosciutto dagli occhi la politica ha brindato alla capacità italiana di fare buona ricerca con risorse limitate, quasi increduli, e tuttavia ignorando che appena a metà del secolo scorso eravamo il Paese dell’Istituto Superiore di Sanità che ha installato il primo microscopio elettronico (1946) e debellato la malaria (1953), del Nobel per la Chimica Giulio Natta che ha inventato la plastica (1963), primi al mondo a inventare il Personal Computer, grazie alle basi poste da Adriano Olivetti (1964) e terzi, dietro solo a Gran Bretagna e USA nella produzione di energia elettrica da fonti nucleari (1965). Un impulso ignorato, una eredità gettata alle ortiche. Quindi ci chiediamo: cosa succederà questa volta? Questo entusiasmo nazional-popolare è un atteggiamento solo reattivo oppure può essere una vera svolta?