Rassegna Stampa
11 giugno 2023
Contratti pubblici 2022-2024: lo spettro del rinvio. Così blocchi e ritardi hanno condannato la Pa all’arretratezza
Fonte: pamagazine.it
Nella loro contraddittorietà i segnali sono molto chiari: Il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo ha aperto al rinnovo dei contratti del pubblico impiego per il triennio 2022-2024, ma senza dire dove troverà i dieci e più miliardi di euro necessari. Se poi si cerca un’ulteriore conferma, basta leggere la Nadef (la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, che è un po’ la bussola della politica economica e fiscale del governo) che non riporta alcuna cifra al capitolo rinnovo dei contratti pubblici e al tempo stesso prevede un’inflazione al 7% per l’anno in corso e al 5,5% per quello prossimo. Fatte salve le rassicurazioni di facciata, il messaggio lanciato ai dipendenti pubblici ricorda la vecchia battuta degli impresari d’avanspettacolo: Bambole, non c’è una lira.
Dopo un blocco più che decennale dei livelli retributivi e un contratto (quello del triennio 2019-2021) rinnovato in articulo mortis solo pochi mesi fa, si fa strada lo spettro di un nuovo rinvio alle calende greche. Scelta che sarebbe già esiziale anche tenendo conto solo dell’inflazione stimata, che già ha fatto sentire i suoi effetti dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina ed è destinata a restare ben ancora a lungo al di sopra del 2%, soglia oltre la quale la Bce fa scattare il campanello d’allarme. L’aumento del 4%, concesso a contratto scaduto e dopo un periodo di latenza quasi infinito, è stato già bello che annullato dall’inflazione, che peraltro continua la sua opera, scavando nella carne viva.