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12 ottobre 2023

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SSN in caduta libera. Fisco e sanità pubblica: considerazioni sulle contingenze post contrattuali

Categoria: Comunicati, Ministero della salute e SSN

SSN in caduta libera. Fisco e sanità pubblica: considerazioni sulle contingenze post contrattuali

Chiusa la negoziazione del CCNL 2019-2021 del personale medico e sanitario, si guarda ora alla cruda realtà del mercato del lavoro in sanità con la consapevolezza che il contratto che ci vorrebbe oggi per trattenere o attirare il personale necessario nel SSN non è all’orizzonte.

Il 10 ottobre il ministro dell’Economia Giorgetti rispondendo alle domande in Senato dopo l’audizione sulla Nadef ha detto: “ribadisco che questa è una manovra responsabile, seria, che implica anche un grande taglio della spesa. Siccome tutti invocano il taglio della spesa: ci sarà”.

Già da questa premessa c’è da chiedersi dove il Governo pensi di colpire, visto che, anziché mirare a un modesto recupero dell’evasione fiscale (110 miliardi anno), il taglio della spesa mirerà a ridurre servizi a tutti e in particolare ai lavoratori e ai pensionati leali col fisco pagati con le loro tasse.

Giorgetti, infatti, preannuncia: qualcuno non sarà contento, ma d’altro canto le cose importanti da fare, le priorità, le ho dette e le ho ribadite: aiutare le famiglie a più basso reddito, specialmente nel lavoro dipendente; il personale della sanità; pagare la guerra in Ucraina; pagare alluvioni e terremoti che purtroppo hanno afflitto il Paese”. E sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego: “Ci sarà uno stanziamento congruo. Si parte dalla sanità”.

Orbene, di fronte ai puntuali impegni assunti si debbono purtroppo opporre alcune considerazioni:

La prima riguarda lo scenario internazionale che si è aperto in questi giorni in Medio Oriente, ovviamente non prevedibile, ma sicuramente capace di scombussolare l’economia UE e i piani del Ministro.

Da questa segue la seconda: se con l’aggravarsi del quadro internazionale l’ottica resta quella di trovare risorse per la sanità però solo punendo i contribuenti fedeli col taglio della spesa pubblica, quindi del welfare; se si arriverà a tassare il gioco d’azzardo, che corrisponde a ottenere maggiori benefici per la sanità se aumenta una patologia sociale che le politiche socio sanitarie non riescono a debellare, è evidente il cortocircuito in atto. E in tutto questo si corteggiano ancora una volta gli evasori fiscali che anche quest’anno tratterranno nei loro patrimoni 110 miliardi di tasse non pagate. Quella è la vera legge di bilancio privata del “mondo di mezzo” che abita in Italia. Pare opportuno qui ricordare che il pizzo di stato lo paghiamo solo noi lavoratori dipendenti e pensionati mentre le banche non dovranno temere per i loro extraprofitti.

Venendo alla terza considerazione, alle condizioni attuali già sarebbe opportuno capire se l’operazione di “aiuto verso le famiglie a basso reddito specialmente nel lavoro dipendente” porterà aumenti stipendiali o defiscalizzazioni e decontribuzioni. Perché questa domanda? Perché sembra aver preso piede una nuova modalità di ammortizzare le tensioni sociali e i conflitti tra lavoro e valore ad esso riconosciuto ricorrendo non più alla negoziazione ma preferendo interventi – temporanei – di incremento stipendiale e salariale attraverso la defiscalizzazione. In sostanza il Governo non stanzia risorse per rinnovare i contratti ma eroga aumenti riducendo l’imposizione fiscale e contributiva e i suoi introiti. Se è vero che la busta paga sarà più ricca, lo sarà di poco perché non è possibile che tutte le voci stipendiali comuni della Pubblica Amministrazione siano trattate in modo diverso tra i diversi comparti.

Sul piano retributivo ciò che distingue il personale della dirigenza sanitaria della sanità pubblica dal resto della PA è l’Indennità di Specificità Medica, Veterinaria e Sanitaria.

FVM è stato il primo sindacato che ha avanzato al Ministro della salute, già all’inizio della legislatura, la proposta di premiare la specificità professionale medica, veterinaria e sanitaria – così encomiata durante la pandemia – con risorse aggiuntive extra contrattuali per incrementare il valore stabile della relativa indennità di cui si parla.

Ora invece si sente parlare di defiscalizzazione della medesima. La defiscalizzazione non sarà un azzeramento dell’imposizione (tipo il nero) ma tutt’al più calerà dal 43% al 15% rispetto al valore imponibile dell’indennità in questione, vale a dire circa 200 Euro netti in più al mese in busta.

Se quello dei “200 Euro” è il margine di spesa del Governo, perché questi soldi non è possibile averli per legge in modo da aumentare il valore dell’Indennità medica, veterinaria e sanitaria degli equivalenti 200 Euro senza chiedere un centesimo di più allo Stato?

La strada è già stata percorsa con un provvedimento analogo quando dal precedente Governo ottenemmo l’incremento dell’Indennità di esclusività di rapporto.

Le due cose però sono ben diverse e sindacalmente distanti in termini di risultato.

Stessa spesa per lo Stato nell’immediato, ma in prospettiva un beneficio maggiore per i lavoratori, sia in termini stipendiali (aumenta la massa salariale che invece con la defiscalizzazione resta invariata) sia in termini previdenziali e di TFS, aumentano sia le pensioni sia la “liquidazione”.

Altra cosa, necessaria, è invece la defiscalizzazione del salario di risultato e di tutte le prestazioni accessorie che il Ssn chiede ai suoi professionisti per erogare i LEA, per un principio di equità fiscale rispetto al privato dove queste agevolazioni sono già presenti.

I medici e i sanitari italiani sono i meno pagati d’Europa. Il Servizio sanitario nazionale italiano ha urgente bisogno di medici e di sanitari. 1/4 delle borse di specializzazione va sprecato. I giovani medici e gli infermieri preferiscono andare a lavorare all’estero. Nelle prime lezioni di economia si insegna che le materie prime rare hanno prezzi più elevati. Questi fattori non si sconfiggono con una defiscalizzazione marginale ma con una contrattazione capace di riconoscere il valore dei professionisti della sanità, sennò dopo averli formati li regaleremo agli altri paesi UE, o alla sanità privata!

Sì, perché l’unica valvola di sfogo nazionale è la sanità privata: per i sanitari che cercano più remunerazione e libertà di esercizio, per i pazienti che nel SSN non trovano più chi li assista.

Non è una questione di spiccioli. Coprire interamente la perdita del potere di acquisto dei lavoratori della pubblica amministrazione costerebbe 30 miliardi. Si dice che, alla fine, Giorgetti assegnerà agli statali 6 miliardi. Anche se per la sanità ci sarà qualche maggiore attenzione la distanza è enorme.

Dicono in molti ormai con uno slogan che però è efficace: Serve un Piano Marshall per la sanità pubblica.

Non si può fare? Non ci sono i soldi? Non è vero: Follow the money!

Aldo Grasselli

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