Un programma in 7 punti lungo cui articolare il confronto fra le Regioni, il Governo e il Parlamento in questa legislatura”, così Antonio Saitta, coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha definito il documento illustrato, nel corso di un’audizione il 18 luglio, alla commissione Igiene e sanità del Senato. All’incontro con i Senatori hanno partecipato, oltre a Saitta, il Presidente della Regione Molise, Donato Toma, e la vicepresidente della Regione Liguria, Sonia Viale.
“Vogliamo muoverci consolidando il principio di leale collaborazione tra i livelli istituzionali, in coerenza i con gli indirizzi nazionali – dai Lea, livelli essenziali di assistenza, alle politiche vaccinali – ma senza rinunciare alla necessaria autonomia delle Regioni nella programmazione e organizzazione dei Servizi” ha detto in premessa Saitta.
Il primo tema è quello delle risorse umane e professionali del servizio sanitario nazionale, soprattutto se consideriamo il mutato contesto epidemiologico e il ricambio generazionale con il prossimo pensionamento di quote rilevanti dei medici specialisti e della medicina generale. Bisogna rivedere le modalità attuali di formazione specialistica dei medici. Il bando del Miur – ha sottolineato Saitta – per l’ammissione dei laureati in medicina alle scuole di specializzazione di area sanitaria, per l’anno accademico 2017/2018 ha finanziato 6.200 contratti di formazione specialistica, un livello molto inferiore rispetto al fabbisogno espresso dalle regioni, che per lo stesso anno che ammonta a 8.569 unità. Noi bandiamo i concorsi, correndo il rischio che non ci siano candidati o che i pochi partecipanti scelgano poi le aree metropolitane, rispetto a situazioni in aree interne e più disagiate. La non corrispondenza tra il numero di laureati in medicina e il numero degli ammessi alle scuole di specializzazione – ha sottolineato il coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni richiamando alcuni passaggi del documento lasciato agli atti della Commissione Igiene e Sanità del Senato- ha determinato il cosiddetto imbuto formativo con la conseguenza di una cronica carenza di personale medico nelle strutture del servizio sanitario regionale. Le regioni propongono di incrementare i contratti di formazione specialistica, di ampliare la rete formativa delle specializzazioni mediche e di prevedere l’accesso alle strutture ospedaliere e territoriali del servizio sanitario regionale dei medici in possesso di laurea in medicina e chirurgia e abilitazione all’esercizio della professione. Bisogna poi anche ragionare sulla possibilità di assumere a tempo indeterminato nelle strutture sanitarie medici laureati e abilitati benché privi di specializzazione per lo svolgimento di attività medico chirurgiche di supporto prevedendo anche una idonea previsione contrattuale. Ma non basta. Oggi la spesa del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’Irap, non può superare il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4%. Un “tetto” – ha spiegato Saitta – che ha perso qualsiasi attualità e significato e che va rivisto considerando la dinamica più recente della spesa effettiva di personale sostenuta dalle Regioni. Serve insomma un nuovo parametro che, rispettando l’equilibrio economico finanziario del sistema, tenga conto dell’incremento annuale del Fondo sanitario nazionale.
“Il secondo punto è certamente quello delle risorse finanziarie perché gli indirizzi fissati nell’ultimo “Patto per la Salute” sono stati nel corso degli ultimi anni decisamente ridimensionati. C’è stato un ridotto incremento delle risorse indistinte rispetto a quanto previsto da quel Patto in ragione dal fatto che le Regioni hanno responsabilmente dato un contributo importante per affrontare la lunga crisi economica del Paese. Ma c’è stato anche un aumento delle risorse vincolate, in particolare nell’area della farmaceutica, con una serie di conseguenze negative. E non basta: alcune importanti iniziative – penso ai farmaci innovativi, all’emergenza per la terra dei Fuochi o per l’Ilva a Taranto, alle attività dell’Istituto Superiore di Sanità, finanziate con risorse dedicate agli obiettivi di Piano, riducendo gli spazi di autonomia delle Regioni”. Abbiamo il dovere – ha detto Saitta – di puntare sul binomio autonomia-responsabilità, garantendo autonomia, programmatoria ed organizzativa, alle Regioni, anche nell’utilizzo delle risorse, eliminando i vincoli di destinazione, tranne casi straordinari, sia lo strumento, obsoleto e burocratico, degli obiettivi di piano. Certo occorre maggiore responsabilità da parte delle istituzioni regionali e per questo vanno rinforzati gli strumenti e gli indicatori di verifica dei livelli assistenziali erogati dalle Regioni e la valutazione sui risultati raggiunti. Infine bisogna tornare a correlare le risorse per il fondo sanitario nazionale con l’andamento del Pil.
Terzo tema: gli investimenti necessari rispetto ad un patrimonio del Ssn sempre più obsoleto, insicuro e inadatto alle sfide attuali. Occorrono un “programma nazionale di medio periodo per la riqualificazione del patrimonio edilizio” e un “programma di valorizzazione e dismissione del patrimonio edilizio obsoleto e non più utilizzabile”.
Quarta priorità: la governance delle politiche e della spesa per il farmaco ancorata a previsioni normative obsolete ed inefficaci. A ciò si aggiunga il tema delle procedure di pay back a carico delle aziende farmaceutiche, quale contributo al ripiano dello sfondamento della spesa farmaceutica per gli anni 2013- 2015, 2016; il 2017 è in corso di definizione. Si tratta di cifre superiori ai due miliardi di euro che avrebbero dovuto sostenere i bilanci regionali, in un’ottica di compartecipazione agli sfondamenti che, con regolarità, si stanno registrando sul versante specialistico ospedaliero (50% dello sfondamento a carico delle aziende farmaceutiche), e che, al momento, sono ancora oggetto di estenuanti contenziosi e trattative. E la chiusura del pregresso e del contenzioso in atto – ha spiegato Saitta -è condizione propedeutica alla revisione della governance complessiva per il 2018 e anni futuri”. Fra le proposte delle Regioni l’urgenza di una norma di carattere generale in base alla quale il prezzo si riduce o si sconta in maniera progressiva in rapporto all’aumento dei pazienti trattati, delle estensioni delle indicazioni, delle terapie combinate e dell’incremento della durata delle terapie. Andrebbero poi rideterminati i tetti della spesa farmaceutica, partendo dalla considerazione che storicamente il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera fa registrare uno sfondamento importante dell’ordine di centinaia di milioni anno. Appare prioritario prevedere una revisione dei sistemi di payback e di attribuzione dei budget, anche in relazione al rispetto dei tetti, che ne consentano una gestione più “semplice”. Va poi rivisitato il sistema dei registri. Quanto ai farmaci innovativi le Regioni sottolineano, fra l’altro l’esigenza di norma legislativa nella nuova governance che riduca l’entità attuale di spesa a carico del cittadino. Infine una leva importante può essere rappresentata dai farmaci biosimilari.
Il quinto tema è quello del rilancio della medicina generale e delle cure primari attraverso una riorganizzazione dell’assistenza territoriale che promuova, con nuovi modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute, percorsi di presa in carico della cronicità basati sulla medicina di iniziativa, un forte impulso dell’assistenza domiciliare.
La sesta priorità è una richiesta formulata più volte dalla Conferenza delle Regioni, ovvero la necessità di una riforma delle Agenzie Nazionali (Aifa e Agenas) e dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) per definire in modo chiaro e puntuale la missione, le competenze ed il ruolo di ognuno dei tre enti, evitando sovrapposizioni e ridondanze.
Il settimo ed ultimo tema – ha concluso Saitta – è imposto dal percorso avviato da alcune Regioni per autonomie differenziate in materia di tutela della salute, laddove le pre intese firmate riconoscono ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa e legislativa. Basti pensare alla possibilità di rimuovere i diversi vincoli di spesa posti dalla normativa statale, compresi quelli riguardanti le spese per il personale del servizio sanitario regionale o all’ampia autonomia attribuita alle Regioni con riguardo alla governance delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale, in tema tariffe e misure di compartecipazione alla spesa sanitaria, in ordine alla istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi”.
Allegata al documento anche una nota tecnica – illustrata dal coordinatore della commissione salute della Conferenza delle Regioni – sulla situazione attuale rispetto al numero unico per l’emergenza (Nue).
Nel corso dell’audizione è intervenuto anche il Presidente della Regione Molise, Donato Toma che, dopo aver ribadito la piena condivisione dei contenuti del documento delle Regioni ha voluto sottolineare “le peculiarità delle Regioni più piccole. Occorre tenere conto – ha detto – delle dimensioni demografiche di alcune Regioni, come il Molise, e della loro conformazione, la presenza di aree interne disagiate, di aree montane e di alcuni deficit infrastrutturali. Si può lavorare alla valorizzazione degli accordi interregionali nelle aree di confine, Bisogna andare incontro alle esigenze di alcuni presidi che operano in aree particolari, come l’ospedale di Agnone e più in generale – ha aggiunto Toma – occorre lavorare anche sulle possibili modifiche dell’impianto normativo dei decreti Balduzzi”. Toma ha poi ricordato che il Molise avrebbe bisogno di due poli ospedalieri di primo livello e uno di secondo livello e di maggiore elasticità nell’uso della collaborazione pubblico-privato”.