Nessuna ripresa economica è possibile se non si fronteggia l’emergenza sanitaria. Chiediamo rispetto per chi sta in prima linea, senza vuota retorica.
Dopo il sedicente decreto “Cura Italia”, deludente e incompleto, il prossimo provvedimento – commenta la COSMED – rappresenta l’ultima occasione per affrontare seriamente l’emergenza sanitaria. Il Servizio Sanitario Nazionale era già al collasso prima della crisi del Coronavirus dopo un decennio di tagli dissennati, mancavano almeno 8 miliardi per riportare il finanziamento del SSN al 7% del PIL cioè sullo standard medio europeo ante contagio.
Era uno dei migliori del mondo, ma dopo essere stato sotto finanziato e spezzettato certamente non lo è più da tempo. Ieri la Francia ha stanziato ulteriori 8 miliardi di euro per il servizio sanitario e 1,3 miliardi di euro per incentivi al personale medico, sanitario, sociale e dei servizi pubblici. Da questo punto di vista il rifinanziamento del SSN previsto dal “Cura Italia” pari a 1,41 miliardi è semplicemente ridicolo, una rassegnata resa all’ulteriore declino del Paese nei suoi diritti fondamentali. Ben vengano vincoli comunitari che obblighino all’investimento in sanità, bene primario per tutti e condizione necessaria per la ripresa economica. Non si tratta di coniugare salute ed economia, semplicemente la salute viene prima e se non si provvede al suo sostegno i danni, anche economici, saranno ben maggiori.
I provvedimenti da varare non sono una legge di bilancio con una tragica polverizzazione delle risorse, una demagogica distribuzione a pioggia di micro benefici peraltro effimeri e non sempre riservati ai realmente bisognosi. È ormai chiaro che l’emergenza non sarà breve e che richiede urgenti investimenti per la prevenzione e la gestione della pandemia. Inoltre l’emergenza da Covid-19 ha prodotto il differimento delle cure per tutte le altre patologie, di grande impatto sociale ed epidemiologico, allungando inevitabilmente le già intollerabili liste d’attesa, si sta accumulando una mole enorme di lavoro da svolgere nei prossimi mesi e anni pena una catastrofale mancanza di cure. Non può bastare l’assunzione di una manciata di precari mal pagati, occorre anche ripristinare la dotazione medico e sanitaria specialistica allargando subito il numero dei posti nelle scuole di specializzazione e riducendo la durata dei corsi al livello minimo previsto dalla normativa europea. Tutta la macchina pubblica deve ripartire stroncando speculazioni ed opportunismi, anche sull’appalto delle mascherine, a quanto pare, la corruzione si è presentata puntuale.
La mancanza di dispositivi adeguati per operatori e cittadini è incredibile e sempre più colpevole con il passaggio dei giorni. Il corpo sanitario è stato lasciato solo a mani nude senza protezioni. Si sconta la mancanza di una vera dirigenza pubblica, autonoma dalla politica, sostituita con una pletora di ottimati che danno vita ad uno spezzatino di carrozzoni mal coordinati.
Quanto al personale definito eroico non può essere ulteriormente umiliato. Ai caduti e a quanti subiranno danni permanenti va riconosciuto lo status di vittime del dovere al pari di quanto previsto per il comparto sicurezza. Il finanziamento di 10 milioni di euro quando i caduti sono già duecento è un risarcimento semplicemente vergognoso e discriminatorio. Il carico di lavoro straordinario ed extra ordinario andrà interamente retribuito senza limitazioni che non remunerano nemmeno quello che già è stato fatto. Tutte le figure che hanno fronteggiato l’emergenza vanno incentivate.
Va ricordato che i contratti di questi lavoratori al servizio del Paese sono scaduti da più di 16 mesi nei casi più fortunati (la dirigenza PTA del SSN e i dipendenti degli enti locali attendono da dieci anni) occorre rimuovere gli ostacoli che lo stesso legislatore ha posto alla contrattazione (come l’ art.1 comma 687 legge 145/18 da abrogare).
Nessuna premialità è prevista per chi sta in prima linea e dovrà restarci a lungo, non viene garantito nemmeno il minimo indispensabile. Inevitabile il passaggio dalla resistenza allo scoraggiamento.
Il Paese deve ripartire dai diritti e dai servizi pubblici essenziali. Cambiare velocemente registro e priorità, capire che il futuro è adesso, altrimenti non andrà tutto bene.