Rassegna Stampa

29 marzo 2023

Quel marzo 2020, col COVID-19 a Bergamo

Fonte: saluteinternazionale.info

La questione da porre seriamente all’attenzione di politici e programmatori non è Se la medicina territoriale ha tenuto o meno, ma piuttosto Di quali e di quante risorse avrebbe dovuto disporre la medicina territoriale per poter far fronte all’onda sciagurata della pandemia.

Nella narrazione della pandemia da Sars-Cov2, la medicina territoriale è stata definita da molti “l’anello debole” del sistema sanitario, la componente “che non avrebbe tenuto” nella prima ondata pandemica e in particolare in quel terribile marzo 2020. Nei giorni della Terza Giornata Nazionale in memoria delle vittime della pandemia è doveroso riflettere su questa affermazione che, ripetuta in svariate occasioni, si è trasformata in convinzione comune. Senza voler nascondere i problemi delle Cure Primarie in Italia, questa appare però una narrazione di comodo, utile soprattutto a chi, responsabile dell’impoverimento delle Cure Primarie e della Sanità Pubblica, vuol negare il fallimento, forse anche inevitabile di fronte a una catastrofe pandemica, di un sistema che per decenni ha concentrato ogni investimento sanitario quasi esclusivamente sull’assistenza ospedaliera. Una narrazione che forse fa comodo anche a coloro che, se si decretasse il fallimento del sistema della Medicina Generale, sarebbero pronti a prenderne il posto.

Con l’affermazione che la medicina territoriale non ha retto, più che riflettere sulle risorse (in particolare delle Cure Primarie), talvolta si lascia anche intendere, in modo più o meno velato, che i medici avrebbero potuto fare di più, non riconoscendo loro il merito di essersi spesi in molti, con tutte le forze possibili, per fare al meglio il proprio lavoro in un contesto drammatico in cui 9 di loro, nella nostra provincia, hanno perso la vita. Per me e per tutti i colleghi che hanno vissuto quei giorni nel Dipartimento Cure Primarie dell’ATS di Bergamo, fare memoria della pandemia significa ricordare i loro volti, gli sfoghi telefonici, l’estenuazione e perfino i pianti di tanti di loro che in quei giorni lavoravano più di 12 ore al giorno, inviavano gli screenshot dei loro telefoni con il numero di chiamate ricevute, raccontavano di non vedere i propri famigliari da giorni per gli orari di lavoro o per l’autoisolamento adottato per timore di contagiarli.

Vorrei provare a raccontare quel marzo 2020 da un altro punto di vista, per aprire una riflessione su questo argomento, cercando di partire dai numeri. Perché proprio i numeri sono stati i grandi assenti di questa narrazione. Iniziamo dai numeri degli operatori sanitari: su quanto personale qualificato si poteva contare per fare fronte alla pandemia nella provincia di Bergamo in quel marzo 2020?

29 marzo 2023

Condividi: