Rassegna Stampa

01 ottobre 2019

Aggressioni operatori sanitari

Legge antiviolenti, subito il si bipartisan. Intervista a Giulia Grillo

Fonte: Facebook

Giulia Grillo, medico, parlamentare del Movimento 5 Stelle, ministro della Salute dal giugno 2018 al 5 settembre 2019 nel primo Governo Conte è stata la principale artefice del disegno di legge che inasprisce le pene per chi aggredisce un operatore sanitario durante il lavoro di assistenza. Una norma confluita in una sintesi delle diverse proposte parlamentari che, da anni, viaggiavano a vuoto tra le Commissioni e i rami del parlamento, approvata all’unanimità in Commissione Salute alla vigilia della fine del governo gialloverde e riportata in pista dall’attuale esecutivo che l’ha approvata, sempre all’unanimità con 237 sì, nell’Aula del Senato.

D: Onorevole Grillo, aggressioni violenze e minacce ai medici hanno subito un’impressionante escalation: cosa manca all’approvazione definitiva della norma?
R: «Il disegno di legge deve andare al vaglio della Camera. Bisogna attendere la calendarizzazione in Aula ma ci sono tutte le premesse per un cammino in discesa e un’approvazione rapida. Tra l’altro la norma non prevede oneri per il bilancio dello Stato e dunque non dovrebbe trovare alcun ostacolo dal punto di vista finanziario».

D: Per le prossime settimane ce la farete?
R: «Lavoriamo per questo obiettivo e siamo tutti concordi. Ogni lentezza a questo punto sarebbe inaccettabile. Si tratta di due o tre articoli. Anche se la norma non risolve tutti i problemi dei pronto soccorso certamente dà una risposta di rigore contro chi chi si macchia dell’odioso e grave reato di aggressione a un medico o un camice bianco che ci sta curando. I cittadini sanno che da qui a qualche mese chi mette le mani addosso a un camice bianco rischia pene molto dure».

D: Anche il carcere?
R: «Certo, in circostanze aggravanti e nei casi in cui l’aggressione avviene con violenza o minacce e se si provocano lesioni, la procedibilità avverrà d’ufficio senza bisogno di querela da parte della persona aggredita aggirando così l`attuale ostacolo rappresentato dalla paura di denunciare per timore di ritorsioni».

D: Il provvedimento è stato a lungo sollecitato da medici e sindacati tenendo conto dei numeri di un fenomeno in crescita. La repressione da sola è sufficiente ad arginarlo?
R: «Da uno studio dell`Anaao circa il 70% dei medici è incorso in un’aggressione nel corso della sua vita professionale con schiaffi, pugni, calci, insulti, minacce, coltelli, tentativi di strangolamento fino agli stupri alle donne impegnate in guardia medica o spedizioni punitive a chi resiste. Di fronte a questi numeri la norma è un segnale importante da parte dello Stato e un deterrente per tanti facinorosi e incivili o delinquenti che sono anche la spia di un disagio sociale e culturale profondo che occorre contrastare e risolvere, certo, anche su altri piani. Io ero anche orientata ad utilizzare anche le dotazioni dell`esercito nel progetto “strade sicure” negli ospedali più a rischio. Il messaggio deve essere chiaro: un ospedale è un luogo dove si va per essere citati e non per usare violenza».

D: I medici però non erano particolarmente favorevoli alla militarizzazione dei pronto soccorso. Perché non aggiornare invece le regole di ingaggio delle guardie giurate che attualmente, sebbene armati, non hanno facoltà di fermo, identificazione e arresto?
R: «Questa è una competenza del ministero dell’Interno e della sicurezza pubblica. Da ministro ho chiamato a molti incontri sui territori anche i funzionari dell’Interno».

D: Il tema del sovraffollamento del pronto soccorso è un dato reale e la maggior parte delle aggressioni si verifica soprattutto al Sud. Contano le diseguaglianze sociali?
R: «Da donna catanese sono ben consapevole delle disuguaglianze tra Nord e Sud. E qui si pone il problema dell’integrazione delle fasce della marginalità sociale più propense a utilizzare la violenza come mezzo regressivo di espressione delle proprie rivendicazioni sociali ed economiche Lo Stato ha finora fallito nel garantire questa cultura della convivenza civile anche se guardiamo alla marginalità degli immigrati o alla arroganza della delinquenza».

D: Cosa risponde ai sindacati delle professioni mediche e sanitarie che rivendicano una partecipazione attiva al livello delle scelte che li riguardano in quanto principale bersaglio delle aggressioni?
R: «Io da ministro ho ascoltato e incontrato tutti. Forse si riferiscono al livello aziendale e regionale».

D: E sul fronte della sicurezza sul lavoro?
R: «I direttori generali si devono porre il problema di essere anche datori di lavoro ed hanno precise responsabilità in merito».

D: Il problema della sicurezza riguarda anche le guardie mediche soprattutto di zone disagiate. Come affrontare questa vulnerabilità?
R: «Questo ramo dell’assistenza pubblica deve essere rivisto e riorganizzato in base al tasso di utilizzo. In molti luoghi disagiati la guardia medica assolve a funzioni essenziali e preziose e deve essere potenziata in condizioni di sicurezza. La contiguità dell’ubicazione di tali servizi con le stazioni dei carabinieri sarebbe utile. Nelle città una quota di questi medici va chiamata a gestire nei pronto soccorso i codici a bassa urgenza».

D: E’ così malmesso il nostro sistema Salute?
R: «Con tutti i difetti e le carenze dà tutto a tutti e quasi sempre ad un buon livello con ottimi risultati anche al Sud».

D: Sul fenomeno violenza incidono i toni eccessivamente aggressivi dei media e dei social?
R: «Il Servizio sanitario italiano è un bene prezioso e va difeso. In altri paesi anche europei in ospedale si è ricevuti da segretarie e info point che prima di prestare cure si informano sulle possibilità di pagare la prestazione da parte del paziente. Anche l’uso del linguaggio conta. Quando si parla di Salute bisogna che tutti siano consapevoli che si maneggia una materia delicata che attiene ad una parte fondamentale dei nostri bisogni».

01 ottobre 2019

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