Rassegna Stampa

21 febbraio 2021

La variante inglese è più contagiosa perché i positivi rimangono infettivi più a lungo

Fonte: Corriere.it

La durata media dell’infezione del ceppo britannico è maggiore di ben cinque giorni. Sarebbero da rivedere le regole su isolamento e quarantena per non correre il rischio di avere persone che tornano in società, ma sono ancora contagiose

La variante inglese B.1.1.7 è più contagiosa, si è calcolato di almeno il 50 per cento in più, e per questo motivo viene tenuta sotto stretta osservazione: perché capace di far impennare la curva della conta dei casi positivi in poche settimane. Adesso si scopre che potrebbe portare a un’infezione di durata maggiore, cosa che potrebbe spiegare il motivo della sua maggior trasmissibilità.

Durata media maggiore di 5 giorni
Uno studio dell’Università di Harvard ha misurato le infezioni e la loro durata in giorni e intensità di spargimento virale durante la fase acuta e ha confrontato la variante inglese con il lignaggio «normale». Hanno valutato i test PCR (tamponi) eseguiti in una coorte di 65 individui infetti da SARS-CoV-2, sottoposti a test di sorveglianza quotidiana, di cui sette soggetti infetti con B.1.1.7. Per gli individui infettati da B.1.1.7, la durata media della fase di proliferazione era di 5,3 giorni, la durata media della fase di eliminazione era di 8,0 giorni e la durata media complessiva dell’infezione (proliferazione più eliminazione) è stata di 13,3 giorni (con estremo superiore che arrivava a 16,5). Nel caso del ceppo originario di SARS-CoV-2 la fase di proliferazione media era di 2,0 giorni, quella di eliminazione media di 6,2 giorni e la durata media dell’infezione di 8,2 giorni, con la punta estrema superiore di 9,7 (si veda grafico sotto, ndr). La concentrazione massima virale invece era simile: per B.1.1.7 era 19,0 Ct (“Cycle threshold” – ciclo-soglia, ndr), rispetto ai 20,2 Ct del ceppo originario.

21 febbraio 2021

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