Rassegna Stampa

25 febbraio 2020

Ilaria Capua: Epidemia e cultura, Come governare i professionisti della paura

Fonte: ilfoglio.it

La virologa Ilaria Capua ci spiega perché la sindrome simil-influenzale da coronavirus dovrebbe farci meno terrore

“Perché questa pandemia fa paura e non dovrebbe farne? Perché ognuno di noi pensa che potrebbe ammalarsi gravemente, ma se guardiamo a Codogno o a Vo’ Euganeo, a fronte di alcuni pazienti molto anziani, e con altre patologie, non si osserva un numero di ammalati gravi o di decessi significativo. Possiamo dire che a oggi non si comporta come un virus aggressivo”. Da giorni la virologa Ilaria Capua, che in America dirige il One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, cerca di spiegare che non dovremmo chiamarlo solo “coronavirus” ma “sindrome simil-influenzale da coronavirus”.

L’espressione serve a far capire che la covid-19 – la malattia provocata dal nuovo coronavirus, che ha iniziato la sua diffusione all’inizio di dicembre a Wuhan, nello Hubei – si nasconde, si camuffa, insomma può passare come una banale influenza, proprio con i sintomi influenzali. Nonostante tutto quello che il circo mediatico-giustizialista ha fatto a una delle sue eccellenze – una delle pagine più vergognose della storia giudiziaria del nostro paese – da giorni Ilaria Capua si sottopone a intense, lunghissime sessioni di interviste con i media italiani per spiegare una cosa semplice: bisogna cercare di rallentare il contagio senza fare allarmismo, “perché ogni parola usata in maniera allarmistica senza essere giustificata brucia milioni, che potrebbero essere usati per la ricerca”. Rallentare il contagio, ma non risolvere la situazione con la famosa bacchetta magica: “Perché questa epidemia sarà diversa dalle precedenti”, dice al Foglio Capua, “e anzi, dico pandemia perché lo è già, nella pratica, anche se per alcuni paesi non abbiamo ancora numeri alti.

E anche i costi di questa pandemia saranno molto alti, perché viviamo in un sistema talmente interconnesso, globalizzato, che le conseguenze le avvertiremo tutti. Pensi solo al fatto che nelle ultime settimane la Cina ha ridotto le emissioni di CO2 da carbone fossile del 25 per cento”, una conseguenza dello stop alla produzione. Secondo la virologa “questo tipo di emergenze saranno sempre più frequenti”. E infatti negli ultimi vent’anni, tra le tante epidemie, c’è stata la Sars, l’aviaria, la suina, l’ebola – con due episodi distinti – il coronavirus dal medioriente, zika. Perché si verificano? “Perché abbiamo costruito una società che ha invaso gli ecosistemi, li abbiamo squilibrati. Un virus che circola nei pipistrelli della foresta cinese dovrebbe rimanere lì. E invece abbiamo invaso alcuni ecosistemi con le megalopoli, trasportando anche abitudini alimentari poco compatibili con lo sviluppo – non è un caso se i mattatoi in occidente sono sempre stati fuori dalla città. Esistono oggi situazioni di ‘interazione’ tra uomo e ambiente completamente squilibrati. Prima nuovi virus emergevano più raramente, adesso la frequenza è uno ogni tre, quattro anni”.

25 febbraio 2020

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