Rassegna Stampa

22 marzo 2020

Governo e virus, la grande corsa per comunicare (prima degli altri)

Fonte: Corriere.it

La rincorsa dei decreti. Ma il virus è più veloce

Prendiamo le mascherine. Ci hanno detto per un po’ che servivano solo a chi era già infetto, non a chi voleva evitare di infettarsi, perché penetrabili. Ci abbiamo creduto, anche se non abbiamo mai ben capito perché mai fermassero il virus in uscita ma non in entrata.

Ora invece ci vengono caldamente consigliate anche per fare la spesa, e i ministri le indossano in pubblico con nonchalance. Forse sarebbe stato meglio dire la verità: ce n’erano poche (sono ancora poche) e dovevamo lasciarle agli operatori sanitari. Sarebbe stato più onesto e più ragionevole.

Vi sembra una storia italiana? Lo è. Però l’ho presa dal New York Times del 17 marzo, ed è relativa agli Stati Uniti. Da loro è successa esattamente la stessa cosa che da noi. Dunque attenzione: in questo articolo esamineremo molti e talvolta gravi errori di comunicazione delle nostre autorità, ma senza mai dimenticare che non siamo i soli ad annaspare, come ampiamente testimoniano le svolte a U di Donald Trump, le teorie sui greggi di Boris Johnson e il turno elettorale fatto svolgere da Macron un attimo prima di chiudere la Francia.

Il brivido notturno del Dpcm, cioè del decreto del presidente del Consiglio annunciato dal presidente del Consiglio, di solito dopo adeguata e forse manovrata fuga di notizie e di bozze, al termine di una lunga e ansiosa attesa della nazione, ma su una piattaforma digitale americana, e senza accettare domande dai giornalisti, è il tratto distintivo di questa comunicazione. Già il fatto che ce ne siano stati a ripetizione (il 23 febbraio, il 25 febbraio, il 1 marzo, il 4 marzo, l’8 marzo, l’11 marzo, e il 22 marzo) ci dice che siamo all’inseguimento, sempre un passo indietro al virus, o forse alle Regioni del Nord, che decidono prima del governo, costringendo il governo a decidere in fretta per non far vedere che decidono le Regioni.

 

22 marzo 2020

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