Qualche anno fa molti politici -parlamentari e regionali – interrogati sul destino del Servizio sanitario nazionale, lo elogiavano e ne tessevano le lodi richiamando l’eccellente valutazione riconosciuta al Ssn dall’OMS e da altre istituzioni internazionali.
Allo stesso tempo però, con realismo preoccupato, rappresentavano (insieme a scienziati ed esperti desiderosi di lanciare allarmi mediatici) uno scenario inquietante sintetizzato nel concetto di prossima “tempesta perfetta”.
Un insieme di fattori, dovuti all’invecchiamento della popolazione italiana, alle cronicità di lunga durata, ai magnifici ma costosi farmaci innovativi, alla non autosufficienza, stanno per mettere in ginocchio la più importante conquista sociale di tutti i tempi: la sanità per tutti, equa e inclusiva.
A corollario di queste considerazioni si era ragionato molto sul livello di sostenibilità del Ssn e, ancora una volta con uno principio, i soliti politici illuminati avevano sintetizzato un nuovo slogan: il Ssn è sostenibile, se e quanto lo si vuol sostenere.
Oggi, dopo anni di attesa per vedere affrontati i principali problemi che affliggono la sanità pubblica e aver visto poco, e quel poco fatto male, i medici, i veterinari, i farmacisti, i dirigenti sanitari dipendenti del Ssn tornano a scioperare, costretti a farlo per fare arrivare nel palazzo la loro voce.
Occorre scioperare per far capire che la misura è colma, che i valzer delle responsabilità rimpallate tra Stato e Regioni hanno stancato, che il definanziamento della sanità pubblica si deve fermare e la finanza pubblica deve tornare a dare risorse pari a quelle che in sanità investono Francia e Germania.
Ma andiamo per ordine per dire puntualmente dove il Governo sbaglia o non agisce.
– Uno dei messaggi del Governo è stato: “Giovani laureatevi in fretta che ci occorre la vostra forza per far ripartire il paese”. Non si capisce quindi perché un medico laureato da una università statale debba superare un esame di Stato per poi entrare in una scuola di specializzazione statale e, solo dopo aver conseguito la specializzazione, possa iniziare – già anziano -a lavorare. L’ipotesi della “laurea abilitante” che farebbe risparmiare tempo, denaro e burocrazia, giace in qualche cassetto del Ministero dell’Università.
– Tutti sanno che il personale medico e sanitario ha una età troppo elevata. Dal 1993 al 2016 l’età media è passata da 38 a 44 anni, coorti di professionisti anziani stanno per andare in pensione, ma questo non determina alcun mutamento da parte del Governo che continua a finanziare un numero insufficiente di borse di studio per formare i nuovi medici necessari a far funzionare il Ssn e garantire i LEA.
– Tutti ormai sappiamo che ci sono milioni di persone che non riescono ad accedere alle cure, le liste di attesa lasciano senza LEA il 10% degli italiani, le stesse Aziende sanitarie vendono al privato il taglio delle loro liste d’attesa, ma la sanità riceve risorse sempre meno adeguate e la missione di manager e assessori diventa “accorpare – tagliare – ridurre – risparmiare – arretrare”. Come in una confusionaria Caporetto della sanità pubblica che lascerà ferite sociali molto profonde.
– I contratti di tutto il personale sono fermi da 8 anni. Nessuno nega che il paese abbia patito una crisi internazionale, ma c’è stata anche una “crisi morale” tutta nazionale e gli effetti li abbiamo visti in Alitalia, nelle banche, nell’espandersi delle mafie, dell’abusivismo e dell’evasione fiscale. Ora quei contratti di lavoro si devono fare, le risorse necessarie devono essere liberate. I lavoratori non possono essere l’unico ammortizzatore che tiene in carreggiata gli ospedali e i servizi, dove i pensionamenti non sono sostituiti, dove l’età media aumenta e insieme aumentano a dismisura i carichi di lavoro, mettendo a rischio la qualità delle cure e la salute dei pazienti e degli stessi sanitari che li accudiscono. Neppure è accettabile che si mettano in contrapposizione i diritti dei lavoratori con i diritti dei cittadini utenti del Ssn. Chi dice che aumentare gli stipendi dei sanitari determinerà automaticamente la riduzione dei LEA, sta cercando un alibi o un motivo di polemica. Chi sta inseguendo la riduzione dei super ticket e ignora la riduzione complessiva dei servizi, sta semplicemente facendo una disinvolta campagna elettorale.
– L’arte del management dovrebbe affrontare e risolvere in primo luogo il problema degli sprechi e delle ruberie denunciati ripetutamente dalla Corte dei Cont, anziché colpire sempre e soltanto i lavoratori taglieggiando i fondi e garanzie contrattuali e i cittadini riducendo l’assistenza con i famigerati “tagli lineari” che hanno generato una lesione grave dei diritti sociali e hanno dato dimostrazione di vasta incapacità manageriale.
– Una percentuale sempre più grande di dipendenti del Ssn è composta da precari. E’ una vergogna inaccettabile che siano lo Stato e le Regioni i più potenti datori di lavoro che sfruttano con costanza e impunemente i lavoratori della sanità tenendoli in condizioni di precarietà da paese extracomunitario. Come credere al Renzi di marzo che prometteva per la sanità un “piano decennale per personale e formazione” se a novembre i suoi parlamentari approvano una legge di bilancio che toglie prospettive occupazionali a sanitari e ricercatori precari, da anni in attesa di una stabilizzazione così tante volte promessa?
Non è tutto, ma è abbastanza per far capire ai cittadini che i medici, i veterinari, i farmacisti, i dirigenti sanitari della sanità pubblica sono costretti a scioperare il 12 dicembre per difendere diritti legittimi di tutti, che sono stati per troppo tempo ridotti o negati.
Il governo deve cambiare rotta o porterà la sanità pubblica ad un irreparabile naufragio.
E questa volta le vittime saranno gli italiani.
Dott. Aldo Grasselli
Presidente FVM
Federazione Veterinari-Medici-Farmacisti e Dirigenti Sanitari