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Effetto vaccini: nell’ultimo trimestre i contagi sul lavoro da Covid-19 in calo nella sanità e assistenza sociale

Categoria: Lavoro e Professione



Tra febbraio e aprile l’incidenza dei casi di infezione tra il personale che opera nella sanità e assistenza sociale è tornata ai livelli dell’estate 2020. In aumento quella di altri settori produttivi, come trasporti, servizi di alloggio e ristorazione, commercio e servizi di informazione e comunicazione, che raccolgono un quarto delle denunce. Dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 30 aprile, le infezioni di origine professionale segnalate all’Inail sono state 171.804, di cui 600 con esito mortale

Le infezioni da Covid-19 di origine professionale denunciate dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 30 aprile sono 171.804, pari a circa un quarto del totale delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’Inail dal gennaio 2020 e al 4,3% del complesso dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Rispetto alle 165.528 denunce registrate dal monitoraggio mensile precedente, i casi in più sono 6.276 (+3,8%), di cui 2.199 riferiti ad aprile, 1.642 a marzo, 501 a febbraio e 581 a gennaio di quest’anno, 499 a dicembre, 451 a novembre e 297 a ottobre, mentre i restanti 106 sono riconducibili agli altri mesi del 2020. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni precedenti.

Come emerge dal 16esimo report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale Inail, pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali, a partire dallo scorso mese di febbraio sembra delinearsi un’inversione di tendenza rispetto al trend osservato nelle fasi precedenti della pandemia. Se la sanità e assistenza sociale negli ultimi tre mesi scende sotto la soglia del 55% dei casi codificati riposizionandosi sugli stessi livelli dell’estate 2020, grazie probabilmente all’efficacia delle vaccinazioni che hanno coinvolto in via prioritaria il personale sanitario, altri settori produttivi registrano incidenze di contagi professionali in crescita (pur rilevando, rispetto alla seconda ondata, un calo in termini di valori assoluti seppure meno intenso rispetto alla sanità). È il caso, in particolare, dei trasporti, dei servizi di alloggio e ristorazione, del commercio e dei servizi di informazione e comunicazione, che tra febbraio e aprile di quest’anno raccolgono complessivamente circa il 25% delle infezioni di origine professionale, contro il 6% della prima ondata, il 18% del periodo estivo e l’8% della seconda ondata.

Questo trend è confermato dall’analisi per professione dell’infortunato. L’incidenza sul totale dei contagi della categoria dei tecnici della salute (prevalentemente infermieri) è passata, infatti, dal 39,1% del primo periodo di lockdown, fino a maggio 2020 compreso, al 23,3% del successivo quadrimestre giugno-settembre, per poi ritornare al 39,3% nel periodo ottobre 2020-gennaio 2021 e scendere tra febbraio e aprile di quest’anno al 26,0%. Analogo l’andamento delle infezioni dei medici, scese dal 10,1% della prima fase della pandemia al 5,5% di quella “post lockdown”, per poi registrare l’8,6% nella seconda ondata dei contagi e passare al 4,7% nell’ultimo trimestre analizzato.

Con la progressiva ripresa delle attività, altre professioni hanno visto invece aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra le prime due fasi, registrato una riduzione nella terza e di nuovo una risalita nella quarta. Gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, per esempio, sono passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,7% di giugno-settembre, per poi scendere allo 0,7% tra ottobre e gennaio e risalire all’1,3% nel trimestre febbraio-aprile 2021. L’incremento in termini di incidenza sul totale dei contagi osservato per alcune categorie nell’ultimo trimestre, come gli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali (passati dal 3,5% al 4,5%, poi al 4,3% e all’8,7%) o i professori della scuola primaria (dallo 0,03% allo 0,5%, poi allo 0,8% e al 2,7%), è dovuto alla consistente diminuzione che ha caratterizzato le professioni della sanità, sia in valore assoluto che relativo.

I decessi sono 600, concentrati soprattutto nel trimestre marzo-maggio 2020 (58,2%) e pari a circa un terzo del totale degli infortuni sul lavoro con esito mortale denunciati all’Inail da gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla data del 30 aprile. Rispetto ai 551 casi rilevati dal monitoraggio allo scorso 31 marzo, i casi mortali sono 49 in più, di cui 11 ad aprile, 10 a marzo, quattro a febbraio e otto a gennaio di quest’anno, sei a dicembre e sette a novembre dello scorso anno, mentre i restanti tre decessi sono riconducibili ai mesi precedenti.

A morire sono soprattutto gli uomini (83,5%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (72,0%), over 64 anni (19,2%) e 35-49 anni (8,0%). Il rapporto tra i generi si inverte prendendo in considerazione tutti i contagi sul lavoro da Covid-19. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,0%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione di Calabria, Sicilia e Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 49,2%, 46,3% e 44,4%.

L’età media dei contagiati dall’inizio della pandemia è di 46 anni (59 per i deceduti). Il 42,4% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,7%), under 35 anni (18,9%) e over 64 anni (2,0%). L’86,2% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 13,8% sono stranieri, soprattutto rumeni (pari al 21,1% dei lavoratori stranieri contagiati), peruviani (12,9%), albanesi (8,2%), moldavi (4,5%) ed ecuadoriani (4,2%). Nove morti su 10 sono italiani (90,5%), mentre le comunità straniere con più decessi sono quelle peruviana (con il 15,8% dei casi mortali dei lavoratori stranieri), albanese (14,0%) e rumena (10,5%).

Dall’analisi territoriale, approfondita anche attraverso le schede regionali, emerge una distribuzione delle denunce del 43,5% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 25,8%), del 24,5% nel Nord-Est (Veneto 10,6%), del 15,0% al Centro (Lazio 6,4%), del 12,4% al Sud (Campania 5,6%) e del 4,6% nelle Isole (Sicilia 3,0%). Le province con il maggior numero di contagi dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono Milano (9,7%), Torino (7,1%), Roma (5,1%), Napoli (3,8%), Brescia (2,6%), Varese e Verona (2,5% per entrambe) e Genova (2,4%).

Prendendo in considerazione solo l’ultimo mese di rilevazione, la provincia che registra il maggior numero di infezioni di origine professionale è quella di Roma, seguita da Milano, Torino, Napoli, Firenze, Palermo, Genova e Venezia. Le province che in aprile hanno avuto gli aumenti percentuali più consistenti rispetto alla rilevazione di marzo sono però quelle di Matera (+21,3%), Vibo Valentia (+15,4%), Reggio Calabria (+14,3%), Lecce (+13,6%), Ragusa (+12,2%), Caltanissetta (+11,5%), Agrigento (+11,3%), Brindisi (+9,5%) e Firenze (+9,3%).

Con più di quattro casi mortali su 10 (41,9%), il Nord-Ovest conferma il proprio primato negativo anche per i decessi (prima la Lombardia con il 29,5%). Seguono il Sud con il 23,8% (Campania 11,0%), il Centro con il 16,8% (Lazio 9,7%), il Nord-Est con il 12,0% (Emilia Romagna 6,8%) e le Isole con il 5,5% (Sicilia 4,8%). Nel confronto con il dato complessivo delle denunce di contagio sul lavoro da Covid-19, per i mortali si osserva una quota più elevata al Sud (23,8% contro il 12,4% riscontrato nelle denunce totali) e un’incidenza inferiore nel Nord-Est (12,0% rispetto al 24,5%). Le province con più morti dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono quelle di Bergamo (8,0%), Milano (7,8%), Roma (7,3%), Napoli (6,7%), Brescia (4,7%), Torino (4,0%), Cremona (3,2%), Genova e Parma (2,7% ciascuna).

Fonte: INAIL




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