Il contratto della Dirigenza delle funzioni centrali, la cui ipotesi è stata sottoscritta il 25 maggio scorso, è il primo contratto della Dirigenza sottoscritto per la stagione contrattuale 2019-2021.
La trattativa è stata particolarmente serrata e rapida con apertura del tavolo il 7 febbraio e conclusione in poco più di 3 mesi. Non si è ripetuta la lunga trattativa del precedente contratto di area conclusosi nel marzo 2020 dopo più di un anno di trattativa. Il contratto delle Funzioni Centrali è complesso per la sua composita e articolata composizione: insistono infatti sia Dirigenti che Professionisti con diverso stato giuridico, Amministrazioni con diversi e specifici ordinamenti e una componente sanitaria numerosa e che a nostro avviso dovrebbe essere ricompresa nel contratto dell’area della sanità pubblica. Impossibile declinare in sede nazionale le problematiche minute di categorie e ruoli così fortemente differenziati tra di loro. Per questo sarà di fondamentale importanza la contrattazione decentrata non solo per dare piena attuazione al contratto, ma anche per affrontare tematiche specifiche che solo in quella sede potranno essere compiutamente sviluppate.
Nonostante il duro lavoro di Aran e dei sindacati firmatari, che ha portato ad una rapida conclusione della trattativa, appare sempre più chiaro l’inaccettabile ritardo dell’intero iter dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego che rende indifferibile una riflessione “di sistema”. Il contratto sottoscritto era scaduto il 31.12.2018 e sarà esigibile solo tra qualche mese dopo il visto della Corte dei conti e la sottoscrizione definitiva del contratto di lavoro e dopo di fatto il via libera di Mef e Governo. Siamo lontani anni luce dal mondo privato che di norma approva i contratti prima della scadenza. Peraltro è già scaduto il 31.12.2021 anche il successivo contratto 2022-24 tuttora non finanziato e scomparso al momento dal DEF e dalla programmazione del Governo. Paradossale la busta paga dei Dirigenti pubblici in cui insistono due indennità di vacanza contrattuale per ciascuno dei trienni non completati mentre i pensionati degli ultimi due anni dovranno affrontare due ricostruzioni sia della pensione che della liquidazione con relativi adempimenti delle Amministrazioni e degli Enti previdenziali: per loro si prospetta un iter di durata complessiva decennale. Il blocco della contrattazione dal 2010 al 2019, il passaggio dal biennio economico al triennio, l’abitudine di finanziare i contratti dei dipendenti pubblici solo nell’ultimo anno del triennio scaduto hanno reso il ritardo sempre più evidente e clamoroso. Il rallentamento della contrattazione decentrata dovuta alla pandemia e la forte ripresa dell’inflazione hanno diluito, differito e ridotto il valore reale degli emolumenti dei Dirigenti pubblici cui vengono negati anche i benefici fiscali collegati alla produttività (nel settore privato fino a 3000 euro annui sono tassati al 5%). In questo contesto va dato atto ad Aran di aver impedito, su pressante richiesta dei sindacati, che le scarse risorse previste per il 2019 e 2020 venissero date in quota parte alla contrattazione decentrata, procurando la ricostruzione dei fondi aziendali e di fatto la riapertura della contrattazione decentrata del 2019 e del 2020 con ulteriori adempimenti e ritardi nonché ulteriore impegno per le Amministrazioni.
Un risultato certamente parziale, ma di non facile ottenimento nel contesto normativo che in parte consentirà una liquidazione rapida degli arretrati con il beneficio non indifferente della più favorevole tassazione separata. Di fatto però andranno ricostruiti i fondi aziendali a partire dal 2021. Questo rende impraticabile l’elaborazione di obiettivi (che sarebbero paradossalmente retroattivi) rendendo precario al limite dell’assurdo l’intero impianto della valorizzazione delle performance tanto decantato a livello politico e mediatico, quanto di fatto reso impossibile dai ritardi della contrattazione e conseguentemente della tempestiva definizione degli obiettivi. Questa premessa è indispensabile per comprendere le infinite complicazioni che affliggono la contrattazione frutto di un eccesso di legificazione, della moltiplicazione degli attori non solo di parte sindacale, ma anche di parte datoriale con imponenti apparati di indirizzo e di controllo centrali e periferici che producono un iter decisionale incredibilmente lungo e intempestivo. Su tutto incombe l’Amministrazione difensiva ovvero la “paura della firma” alimentata dal timore, non senza giustificazione, di rivalsa da parte della magistratura contabile che appesantisce e rallenta il lavoro comportando disagio oltre che oneri assicurativi. Non si tratta di un problema limitato alla Dirigenza Amministrativa, ma un elemento di funzionamento dell’intero sistema pubblico con inevitabili riflessi sull’erogazione dei servizi ai cittadini. La questione dell’esigibilità dei contratti anche in termini economici è stata posta da questa Confederazione e dalle Organizzazioni sindacali e alcuni risultati sia pur limitati sono stati recepiti. Il contratto sottoscritto ha recepito i provvedimenti legislativi che nel frattempo sono sopraggiunti anche al di fuori dell’arco temporale 2019-21 in analogia con quanto già effettuato nei precedenti contratti. In particolare la possibilità di implementare dal 2022 i fondi aziendali dello 0,22% (blanda attenuazione del famoso art.23 comma 2 della 165 che tutt’ora impone un tetto ai fondi contrattuali della decentrata al 2016) e la presa d’atto delle disposizioni di legge sull’indennità di esclusività di rapporto dei dirigenti sanitari del Ministero della salute e delle disposizioni sui professionisti medici della legge 69 del 2021. Si tratta di un puntuale recepimento, un indispensabile passaggio dal deliberato legislativo al contratto di lavoro. Si è posto un limite esplicito per l’apertura della contrattazione decentrata sia pure con un fastidioso “di norma” che ne attenua la perentorietà (art.8 comma 3 ultimo periodo “la contrattazione integrativa annuale si avvia, di norma, entro il mese di aprile dell’anno di riferimento”) lasciando invariato i limiti di 30 giorni prorogabili di altri 30 per la conclusione della stessa. Visti i ritardi accumulati una norma da valutare come insufficiente rispetto al necessario, ma buona rispetto all’esistente. Si tratta di prevenire l’accumulo di arretrati, evidente indicatore di inefficienza, consapevoli che i ritardi generano ulteriori ritardi.
L’annosa vicenda dell’organizzazione del lavoro, sottratta dal legislatore alla contrattazione, non poteva ottenere sviluppi appariscenti in sede negoziale. Tuttavia non è irrilevante che l’organismo paritetico per l’innovazione possa trattare numerosi argomenti tra i quali gli andamenti occupazionali, la sicurezza sul lavoro, qualità del lavoro e benessere organizzativo, le politiche formative in una “dimensione progettuale complessa e sperimentale, di carattere organizzativo”. La novità è che questo organismo potrà essere convocato anche dalle Organizzazioni sindacali (art.6 comma 3 lettera b. Un piccolo riconoscimento istituzionale al ruolo propositivo del sindacato e una sfida di progettualità e di ricerca di innovazione per tutte le parti. Viene allargato a tutte le Amministrazioni (abolito il limite minimo di 30 Dirigenti).
Il lavoro agile (articoli 10 e 11) fa il suo ingresso nei contratti di lavoro della Dirigenza, si è cercato di snellire la normativa, evitare confusioni tra questa forma di prestazione lavorativa e la dovuta flessibilità propria del Dirigente, di assicurare comunque l’accordo individuale, il diritto alla disconnessione anche per coloro che non hanno una rilevazione oraria ma che comunque hanno diritto al rispetto dei riposi giornalieri. Si è chiarito che deve rispettare i limiti previsti della durata massima dell’orario di lavoro, che non comporta discriminazioni economiche, che avviene su base volontaria con diritto di recesso senza preavviso per giustificato motivo. In definitiva non deve modificare “il rapporto di lavoro” in atto. La concreta applicazione dovrà avvenire in sede decentrata e consiste nell’individuazione da parte delle Amministrazioni previo confronto con le O.S. delle attività che possono essere effettuate in lavoro agile (art.10 comma 5). Può essere uno strumento importante per una migliore conciliabilità dei tempi di vita e di lavoro. Infatti sono certamente “smartabili” le attività formative, le riunioni e i compiti organizzativi e le attività d’ufficio o burocratiche cui spesso sono tenuti i Dirigenti non solo del settore amministrativo. Una novità è rappresentata dal riconoscimento dell’attività di affiancamento (art.18) riservata ai Dirigenti con più di 15 anni di servizio nei confronti dei neoassunti fino alla maturazione dei 2 anni di servizio. Si tratta di un’attività che non costituisce un incarico aggiuntivo con specifico emolumento tuttavia è stata espunta la dizione “a titolo gratuito” che sarebbe stata deprimente e preclusiva di una eventuale valutazione di tale attività pur nei limiti delle risorse contrattuali disponibili. Il vero significato della norma sta nel riconoscimento della necessità di un’attività formativa sul campo che consenta al Dirigente esperto di svolgere una funzione preziosa con la trasmissione di competenze.
L’esclusione di norma dei Dirigenti apicali tende a creare una funzione proprio per quei Dirigenti intermedi che spesso non trovano altre gratificazioni o progressioni di carriera, anche per ragioni anagrafiche, e che non intravvedono altra prospettiva al di fuori della quiescenza. Si tratta di prendere atto della realtà evidente: siamo un Paese con un numero di dipendenti pubblici tra i più bassi d’Europa, con le più scarne retribuzioni ma soprattutto con l’età media dei Dirigenti pubblici abnormemente elevata. Si scontano politiche di blocco delle assunzioni e del turnover scellerate che hanno quasi completamente eliminato una generazione di mezzo. Certamente siamo lontano anni luce da una reale staffetta generazionale, che invochiamo da sempre, come avviene nel settore privato con incentivi e investimenti pubblici per l’apprendistato e la formazione. Uno Stato che devolve al privato e non investe per la formazione delle proprie risorse umane. Ecco perché è soltanto uno spunto tutto da realizzare in sede decentrata confidando in incentivi concreti su di una funzione vitale per la tenuta del sistema. Il contratto in merito ha fatto quello che poteva fare in attesa di una politica e di provvedimenti adeguati. Per quanto riguarda il welfare aziendale abbiamo fortemente voluto una dizione che consenta un reale avvio di questo strumento. Si afferma che esso può contenere “categorie di beni e servizi che, in base alle vigenti norme fiscali, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente”. Come è noto il fisco non è uguale per tutti, in particolare ai dipendenti pubblici è negata la facoltà di detrarre dal reddito imponibile e quindi di sottrarre dalla tassazione piena e marginale determinate spese perfino quelle indispensabili per raggiungere il luogo di lavoro (costi per carburanti, mezzi pubblici e parcheggi) a differenza di quanto avviene da anni per il settore privato. Il lungo elenco delle detrazioni dell’articolo 51 del TUIR non si applica (salvo il buono mensa) ai dipendenti pubblici. Governo e Agenzia delle Entrate non intervengono con chiarezza su questa discriminazione. È evidente, in particolare per la Dirigenza che è sottoposta alle aliquote fiscali più elevate e che non beneficia delle riduzioni del cuneo fiscale e della detassazione della produttività che tali detrazioni possono contribuire a un’implementazione del reddito. Si è precisato che le polizze sanitarie integrative devono riguardare le prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale. È stato chiarito che la quota del trattamento accessorio da destinare al welfare integrativo fa parte della contrattazione integrativa. Si tratta anche in questo caso di un bicchiere al momento vuoto ma che costituisce un contenitore idoneo e completo per recepire innovazioni normative ed interpretazioni delle autorità fiscali adatte ad incentivare lo strumento e riportare sui luoghi di lavoro un welfare di prossimità su base mutualistica. Anche la previdenza complementare potrebbe essere oggetto di destinazione di parte delle risorse del trattamento accessorio. La problematica di fondo è comunque che il welfare integrativo non può essere solo un mero trasferimento di risorse, ma deve trovare incentivi tali da costituire un reddito aggiuntivo.
Sul piano delle problematiche categoriali il contratto è un ulteriore passo per l’omogeneizzazione delle regole degli oltre 1500 Dirigenti sanitari e Professionisti medici alle disposizioni vigenti previste per la Dirigenza dell’area sanitaria di quel Servizio Sanitario Nazionale di cui i sanitari delle Funzioni Centrali fanno innegabilmente parte. In tal senso le norme e le relazioni sindacali sulla libera professione sono state redatte in analogia con quelle vigenti per l’area sanità del SSN.
È stata posta particolare attenzione anche alla Dirigenza sanitaria non medica tutelando i livelli retributivi più bassi e assicurando una progressione di carriera e cercando di attutire gli effetti dovuti soprattutto alla mancata estensione all’ AIFA della legge 3 /2018. La prospettiva è quella di superare la divisione dei contratti per tipologia datoriale e di allinearli per funzioni che nel pubblico impiego sono sostanzialmente tre: sanità, istruzione e funzioni amministrative.
Funzioni effettivamente assai differenziate e specifiche anche e soprattutto per la modalità di erogazione dei servizi ai cittadini. Tali differenze reali fanno si che questo contratto pur fornendo degli spunti non esaurisce certamente le problematiche proprie di altre aree. L’erogazione degli arretrati fornirà ristoro a categorie che comunque restano i principali creditori dello Stato ovvero del proprio datore di lavoro (anche in termini di risparmi accantonati si veda il sequestro e il differimento della liquidazione).
Con la firma del contratto il lavoro delle O.S. non diminuisce bensì aumenta per darne attuazione a livello decentrato e per sollecitare i necessari provvedimenti legislativi, tenendo conto che il contratto non può definire aspetti fiscali e previdenziali assai significativi.
Hanno sottoscritto l’ipotesi di accordo 7 Organizzazioni sindacali su 9 e 5 confederazioni su 7 pari al 79% delle sigle rappresentative.
In ogni caso per le ragioni, i contenuti e le prospettive sopra esposti è parso ragionevole alla Organizzazione sindacale e a questa Confederazione sottoscrivere questo contratto nella convinzione di rendere un servizio utile ai nostri associati e alla Dirigenza delle Funzioni centrali.
Il Segretario Generale Cosmed
Giorgio Cavallero
Il Segretario Nazionale Anmi Assomed Sivemp Fpm
Gabriele Norcia
Il testo dell’ipotesi di accordo