La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 15 febbraio 2018, ha raggiunto l’accordo per il riparto del Fondo Sanitario nazionale. Il Fondo prevede per l’anno in corso 110,1 miliardi che, tenendo conto di ulteriori riparti e fondi vincolati, raggiungono complessivamente la cifra di 113,4 miliardi.
Il Documento di economia e finanza 2018 (Def) – si legge in una scheda tematica elaborata dalla Camera dei Deputati – ha poi fornito un quadro degli andamenti nel triennio 2019-2021. La spesa sanitaria è prevista crescere ad un tasso medio annuo dell’1,4% (quindi più lentamente che nel 2018), mentre per il PIL nominale si stima una crescita media del 3%. Ne deriva che il rapporto fra la spesa sanitaria e PIL decresce e si attesta, alla fine dell’arco temporale considerato, ad un livello pari al 6,3%, lo stesso livello registrato ad inizio anni 2000.
Il Fondo sanitario nazionale nel 2018 risulta pari, cone si è detto, a 113.396 milioni di euro (anziché a 114.000 milioni come previsto dalla legge 232/2016 – Legge di Bilancio 2017), ai quali bisogna aggiungere 30 milioni di euro, che la legge di bilancio 2018 ha destinato ai Fondi contrattuali per il trattamento economico accessorio della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria.
Il livello di finanziamento del Ssn per il 2018 – si speiga nella scheda – è il risultato di procedure pattizie, iniziate con la stipula dell’Intesa sul Patto della salute 2014-2016 che ha fissato, per il triennio di riferimento, il perimetro del concorso finanziario dello Stato al sistema salute.
Gli uffici della Camera dei Deputati riconoscono che “a causa del contributo aggiuntivo che le Regioni hanno dovuto assicurare alla finanza pubblica per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, con una serie di atti concordati a livello di Conferenza Stato-regioni, il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale è stato poi rideterminato in riduzione. L’ammontare del fabbisogno sanitario nazionale per gli anni 2017 e 2018, come stabilito nell’Intesa dell’11 febbraio 2016, è stato così determinato in 113.063 milioni di euro per il 2017 e 114.998 milioni di euro per il 2018. Successivamente, la legge di bilancio 2017 ha rideterminato, ancora in diminuzione, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale, portandolo a 113.000 milioni di euro per il 2017 e a 114.000 milioni di euro per il 2018. Per il 2019 il livello del finanziamento è stato fissato in 115.000 milioni di euro”.
Ma non basta. “il decreto 5 giugno 2017 – si legge sempre nella scheda tematica di Montecitorio – a causa del mancato contributo delle autonomie speciali agli obiettivi di finanza pubblica, ha nuovamente rideterminato il livello del fabbisogno sanitario nazionale, stabilendo ulteriori riduzioni: 423 milioni di euro per il 2017 e 604 milioni di euro per il 2018. Con riferimento alla legittimità dei tagli lineari della spesa sanitaria, imposti dalla normativa statale, si segnala la sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 2017 con la quale vengono respinte alcune impugnative regionali per pretesa violazione del principio di leale collaborazione. In proposito, la Corte richiama la propria sentenza n. 65 del 2016 che, oltre a riconoscere che l’imposizione di risparmi di spesa rientra a pieno titolo nell’esercizio statale della funzione di coordinamento della finanza pubblica, purchè in un ambito temporalmente definito, argomenta come il meccanismo legislativo dei tagli lineari non impone di effettuare riduzioni di identica dimensione in tutti i settori, ma di intervenire in ciascuno di questi, limitandosi ad individuare un importo complessivo di risparmio e lasciando alle Regioni il potere di decidere l’entità dell’intervento in ogni singolo ambito. A conferma della coerenza della giurisprudenza della Corte, la sentenza n. 103 del 2018 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma statale che, in frontale contrasto con il principio di transitorietà, ha prorogato per la seconda volta una misura di riduzione della spesa sanitaria delle Regioni, dilatandone la durata di un ulteriore anno (fino al 2020) e di fatto estendendo a sei anni l’arco temporale della stessa misura, originariamente prevista per il quadriennio dal 2015 al 2018. L’estensione dell’ambito temporale di precedenti manovre, secondo la Corte, “potrebbe sottrarre al confronto parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici di queste ultime in un periodo più lungo (sentenza n. 169 del 2017)”.
Inoltre, con sentenza n. 103 del 2018, la Corte ha colto l’occasione per sottolineare come non rispettoso del principio di leale collaborazione il rifiuto, da parte delle autonomie speciali, della sottoscrizione degli accordi bilaterali con lo Stato per sancire il loro contributo al risanamento del settore sanitario, determinando un’ulteriore riduzione del livello del fabbisogno sanitario nazionale a carico delle regioni a statuto ordinario.
Per quanto riguarda un panorama puntuale delle manovre di finanza pubblica in ambito sanitario nel periodo compreso tra il 2010 e il 2017, la scheda della Camera rinvia al testo dell’audizione “Le manovre di finanza pubblica a carico delle regioni e degli enti locali” (febbraio 2018) resa dai rappresentanti della Ragioneria dello Stato alla Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale e alla Tabella dei Finanziamenti SSN serie storica 2000-2019 a cura della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome – Settore Sanità e Politiche Sociali.
Link: Le fonti del finanziamento del Servizio sanitario nazionale sul sito della Camera
Fonte: regioni.it