Il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, si unisce al Coordinatore degli Assessori alla Sanità Antonio Saitta (Assessore del Piemonte) e all’Assessore al Bilancio della Regione Lombardia Massimo Garavaglia, per chiedere al Governo che nella Legge di Bilancio siano stanziate le risorse per il Fondo Sanitario Nazionale e per i contratti del personale sanitario.
Bonaccini, a nome della Conferenza delle Regioni, ha chiesto un incontro a Gentiloni. Le Regioni vogliono parlare con il Presidente del Consiglio per reperire ulteriori finanziamenti per la sanità pubblica. Il tema rilevante è quello della mancanza di risorse per i rinnovi dei contratti del settore.
La Conferenza Unificata del 6 dicembre non ha espresso pareri sulla Legge in attesa dell'esito del confronto con il Governo.
Dopo 8 anni di attesa, il Governo si accinge ora, nelle due settimane che precedono l’approvazione della Legge di Bilancio, a trovare una soluzione alla Camera – dopo che l’aveva fatta ritirare al Senato – per concedere le poche risorse necessarie a stipulare i nuovi contratti del personale medico e sanitario?
Possibile che il Governo non trovi 1.300 milioni di euro per il contratto di 700.000 persone che pagano le tasse sullo stipendio e restituiscono subito allo stato 600 milioni? Monte Paschi è costata allo Stato oltre 4 miliardi di euro solo per il mancato gettito fiscale causato da una imponente opera di svalutazione di crediti deteriorati di una banca di fatto nazionalizzata, e i conti non sono ancora chiusi.
C’è da augurarsi che il Governo risponda in fretta e con atti concreti. Perché l’esito di un fallimento della trattativa sui contratti e sul finanziamento del Fsn porterebbe a una sola conclusione: il Governo ha deciso quale sarà la politica sanitaria futura, in accordo con le sue maggioranze – l’attuale e quella che sta inseguendo per incollare una coalizione elettorale.
Le decisioni sulla sanità pubblica potrebbero avere tre moventi.
Il primo: una rappresaglia contro l’esito del Referendum centralizzatore, per smantellare l’autonomia delle Regioni (che di sanità vivono e costituiscono l’80% dei loro bilanci).
Il secondo: liquidare la tecnostruttura del Sistema Sanitario Nazionale per delocalizzare/offrire la parte remunerativa alle assicurazioni offrendo anche la defiscalizzazione del welfare, creando nelle nuove mutue nuovi centri di potere intermedio.
Il terzo: costringere i sindacati a diventare correi dello smantellamento del Ssn dovendo negoziare la tutela sanitaria dei lavoratori nei contratti di lavoro con i vantaggi del welfare contrattuale.
Sarebbe quindi comprensibile ora l’inerzia del Ministero dell’Università che ha impedito di specializzarsi a migliaia di giovani medici, non per mancanza di programmazione ma per un programma di dismissione molto preciso.
Bloccare il turn over, impedire il ricambio, demotivare e sottopagare i medici e i sanitari, significa indirizzare non solo i più richiesti, che già vengono sottratti agli ospedali pubblici a suon di stipendi più remunerativi e condizioni di lavoro migliori, ma una massa enorme di disoccupati verso un nuovo datore di lavoro: la sanità privata, in concorrenza con il Ssn.
Tutto questo significa abbandonare i principi costituzionali e quelli della legge 833/78. Dopo 40 anni di sorti “magnifiche e progressive” della sanità italiana assisteremo alla riesumazione delle Mutue.
Un incubo che ritorna. Un business che si avvicina.
Diritti differenziati, universalismo perso per sempre, equità dimenticata, concentrazione degli investimenti privati in zone profit del paese, percorsi privilegiati per alcuni, pazienza e speranza per gli altri.
Oltre ai Senatori, in queste settimane il Governo Gentiloni/Renzi/Padoan deve dire di no anche alla Camera dei Deputati, ai Presidenti e agli Assessori alla sanità delle Regioni, ai lavoratori della Sanità, alle loro famiglie, ai cittadini.
La salute messa a mercato è un pessimo programma elettorale.
Lo sciopero dei medici, dei veterinari, dei farmacisti, dei dirigenti sanitari del 12 dicembre è uno sciopero nazionale che ha il consenso di tutti i cittadini responsabili, perché è per i diritti di tutti i cittadini che hanno bisogno di una sanità giusta, pubblica, no profit, inclusiva e democratica.
Aldo Grasselli
Presidente FVM